IL LINGUAGGIO DELLA PROSPETTIVA, UN TRUCCO?

Il mio lavoro SIGNA, quantomeno è nuovo e non trascurabile, avendo io introdotto fin dal 2002 per primo in arte, la tecnologia satellitare e una idea di spazio 4D che nel mondo, arrivando sugli strumenti, ha rivoluzionato in soli trenta anni, l’idea di come rilevare/ricordare/presentare il nostro qui e ora. Ho dovuto aspettare la miniaturizzazione, la tascabilità e la multifunzionalità di strumenti adatti alla mia arte pensata soprattutto per la sua fruizione in mobilità. 

Fin dalla preistoria, la danza attraverso gesti e movimenti nello spazio, poteva rappresentare le attività e i sentimenti di una comunità. 

Ora i SIGNA che hanno come materia costruttiva la georeferenziazione, si avviano a presentare la “danza” di un intero sistema.

I cambiamenti, anche forti, avvengono con  liquida continuità ma vengono percepiti come fatti episodici, si tende a non seguire e capire le cause ma a essere coinvolti “improvvisamente” dagli effetti. I social media agiscono da filtro amplificandoli.

Anche l’arte contemporanea vaga un po’ a tastoni nella storia come se volesse ricordare e non creare, prendendo qua e la, nella vecchia dispensa di Duchamp, ad esempio o come ha fatto prima, con l’arte vista in Africa.

Bisogna andare a Brunelleschi, all’uso scientifico del linguaggio della prospettiva per trovare qualcosa di “fondante”. 

Alla base c’è la fissità di un punto di vista e il postulato di un punto di fuga: concettualmente il principe che osserva il proprio potere, la propria terra. 

Poi attorno si può far nascere tutta l’arte che si vuole. 

E infatti da questa nasce, prima lo strumento fotografico, poi il suo linguaggio. 

E dalla fotografia, il cinema. 

E da questo linguaggio che ammette la campionatura del tempo (il peccato originale) è nata la differita televisiva e via, via una serie di “trucchi semantici” che hanno portato alla attuale babele delle fake news e allo sfarfallio di TikTok.

Come tutte le formule e i linguaggi anche la prospettiva partiva da una convenzione: come falsare su 2D quello che è in 3D, senza introdurre il concetto di tempo, elemento presente nella musica e nella danza ma difficile a quel tempo da maneggiate in altri ambiti.

Con i SIGNA, opere pensate per la fruizione in mobilità, basate sul disegno vettoriale e sulla georeferenziazione, il concetto di tempo e di velocità non entra in metafora, come ad esempio nell’espressione futurista, ma come elemento fisico e i concetti che sottendono questo nuovo linguaggio  d’Arte, nascono lontano, quando l’uomo tirò il primo sasso verso un obbiettivo mobile e nella sua coscienza si determinò la possibilità di agite nel futuro.

Ora i Youtuber, in breve tempo potrebbero completamente trasformare anche il mondo dell’arte che è  già setacciato da algoritmi che fanno il lavoro che facevano i cani dei  pecorari.

Una # indovinata, può essere più efficace di qualsiasi bellezza e profondità concettuale espressa dall’arte? Pare purtroppo di si. Vedremo poeti esprimersi con #?