L’arte in è anzitutto un fatto iniziatico che scorre attraverso le generazioni fra chi la fa.
Un sentimento che l’artista incarna, soprattutto in oggetti e costruzioni durature, ma anche in gesti e movenze tramandate, come i gesti che fanno la musica. L’arte si può avere, o incontrare, o cercare, o trovare, o godere.
Avere un’opera d’arte, non è come possedere solo un dato di conoscenza o un bene materiale, ma è possedere materialmente un totem.
In passato custodire una statua significava avere un rapporto sacerdotale con la propria comunità e di conseguenza, stabilire, essere il tramite del rapporto fra la propria comunità e tutto ciò che trascende in senso verticale e orizzontale.
Qualcosa di questo è rimasto nel senso che hanno i musei o le collezioni private.
L’arte non è dunque solo una questione di pensiero, come può essere la filosofia e altre discipline ma ha a che fare con oggetti e spazio.
Una grande rivoluzione è avvenuta quando si sono potuti “tradurre” e comunicare questi oggetti d’arte e quello che rappresentavano, con altri linguaggi visivi e non solo di scrittura: con la fotografia, il cinema, la rappresentazione vettoriale, gli ologrammi, la realtà aumentata, ma soprattutto ora con le app per smartphone che rendono tascabile e mobile tutto ciò.
Dov’è l’originale, c’è ancora? Dove sarà domani?
Strumenti che nascono per trasferire contenuti su un altro supporto, poi generano un loro carattere autonomo di linguaggio.
Così è successo per il GPS, uno strumento che mette insieme il metro all’orologio, per tracciare e ricordare la dimensione del movimento reale nello spazio.
Così si è passati dalla metafora di movimento espressa da Boccioni in scultura o da Duchamp col mezzo fotografico, alla vera e propria tracciatura georeferenziata di un movimento permessa dal GPS, che in sé non è arte, ma un potente strumento che ho capito ed usato per primo nell’arte. Con questo colloco qualsiasi segmento di una mia opera SIGNA, in modo precisamente riferito, dentro a spazi di decine di migliaia di chilometri, mettendolo in rapporto alle cose esistenti in forma aristotelica o disegnandoli sul “nulla” in forma Platonica.
Il primo modo è espresso dalle opere SIGNA con tracciati implementati su punti di interesse in città, villaggi o altri punti di memoria, come il SIGNA ANGELINA. Il secondo si addice alle opere SIGNA che creo nell’oceano senza alcun riferimento fisico, come il SIGNA FLY, sulla rotta aerea Parigi - New York. www.signaworld.org
Altro approccio è quello del progetto SIGNA Sound, che si colloca nello spaio interplanetario, dove l’alta velocità presuppone alta precisione.
Solo parlare del dato di precisione, può sembrare un insulto all’arte contemporanea, ma la creatività, la felicità non è sinonimo di caos, di facile bassa provocazione. Precisione, esattezza, è un termine ambiguo, relativo, ma mai come ora bisogna prendere bene le misure per il grande salto nel futuro che stiamo facendo, soprattutto per non “pestare la verdura” se cadessimo nel punto sbagliato, perché il caos ci spinge a volare mentre stiamo ancora costruendo le ali.