Alcune nuove tecnologie hanno rivoluzionato l’idea di spazio, la visione dell’universo e le espressioni d’arte. Tra queste vi è il modo col quale fin dal 2002 Costantino Morosin crea i SIGNA, opere attraversabili che aprono la strada a un linguaggio d’arte proiettato nel futuro.
I SIGNA sono “graffiti tecno-primitivi” tracciati con tecnologia satellitare su tutta l'estensione spaziale terrestre. Hanno grandezza che varia da pochi metri a migliaia di chilometri. Queste opere site-specific di Morosin saranno presto visibili e attraversabili anche dal pubblico nei modi della realtà aumentata, con SIGNAart app su smartphone. Come si vede nei video dell'artista, ciascuno interagisce con questi tracciati lasciando la propria scia di attraversamento. I quaranta Signa già caricati nell'app, raggiungono l’individuo o il gruppo nel proprio territorio e lo coinvolgono in una Terra senza frontiere.
Costantino A. Morosin, di origine veneziana, vive e lavora a Calcata, un antico villaggio nei pressi di Roma che assieme ad altri artisti ha fatto rinascere all’insegna della creatività.
Pittore, scultore, con interesse per l’antropologia, l’evoluzione dei linguaggi e le tecnologie, fondatore di OPERA BOSCO Museo di Arte nella Natura, dal 2002 con i SIGNA crea opere d’arte site-specific nuove nel contesto dell'arte contemporanea, visibili su smartphone e percorribili con le modalità della realtà aumentata. Queste opere hanno portato nella sfera del comportamento simbolico, creativo, artistico, strumenti e tecnologie satellitari fino ad allora relegati all'ambito dell’utilità.
SIMONETTA LUX, direttore MLAC, Professore di Storia Contemporanea, Università “La Sapienza” di Roma.
A cento anni dalle invenzioni cubiste i SIGNA propongono una nuova idea di spazio e di opera attraversata, con i SIGNA, Morosin, risponde positivamente e costruttivamente, rispetto al contesto del più recente dibattito su arte e nuove tecnologie e sulla riscrittura dello statuto e della funzione dell’arte nel mondo globalizzato e post-industriale e post-mediale. Il progetto SIGNA è per il MLAC un modello di pratica metodica dell’intercodice e dell’interdisciplinarità, ma vale soprattutto come dichiarazione di nuovo protocollo dell’arte, come affermazione creativa per rifondare modelli simbolici per l’uomo europeo e internazionale cristallizzato e ”generalizzato” dallo stato attuale dei processi della comunicazione-consumo.
PAOLO GAUDENZI, direttore SMART- LAB, Dipartimento di Ingegneria Spaziale e Astronautica, Università “La Sapienza” di Roma.
Riscontro nelle opere di Morosin due elementi di forte interesse, “lo sviluppo di una dimensione creativa attraverso l’uso dello strumento tecnologico per progettare usufruendo di tutta la dimensione globale / spaziale” e “l’aver individuato nella dimensione artistica una delle possibili aree di applicazione degli strumenti satellitari“.
ANTONINO SAGGIO, Professore di progettazione architettonica e nuove tecnologie, Università "La Sapienza" di Roma
Morosin è un artista che ha una lunga carriera: al centro del suo percorso sono gli strumenti che l’uomo ha usato per essere nel mondo. Il suo pensiero si radica agli albori dell’Homo sapiens quando l’arco, il compasso, la collana o i primi segni di misurazione dell’universo (i menhir, i dolmen) hanno preso la luce. Ne sono nati in cinquanta anni di lavoro opere entusiasmanti sia alla piccola scala che alla grande: come le sue sculture monumentali in pietra, o i lavori in Opera Bosco che sono strumenti che richiamano gli antichi e allo stesso tempo sono atti simbolici.
Ma Morosin interroga lo strumento per aprirne dimensioni nuove non solo con lo sguardo rivolto al passato, ma anche e soprattutto nel futuro. E’ in questo quadro che l’avvento delle nuove tecnologie informatiche e satellitari lo spinge ad interrogarsi criticamente: a non usare “semplicemente” le potenzialità tecnologiche, ma ad aprire la propria riflessione. Come il nuovo mondo della Rivoluzione Informatica può essere oggi un arricchimento del pensiero e dell’esperienza umana?
Conosco i Signa sin dal 2002. Era un lavoro pieno di potenza, pieno di implicazioni, ma solo ora questo lavoro ha raggiunto il suo pieno sviluppo tanto tecnologico che artistico. I Signa toccano simultaneamente la sfera dell’arte e quello della tecnologia, quello del coinvolgimento dell’utente e quello della comunicazione mediale.
I Signa ci conducono in una nuova idea di spazio che è lo spazio dell’informazione. Uno spazio che non è limitato alle caratteristiche della fisica classica, ma che esiste appunto come spazio dell’oggi, come spazio dell’informazione, che non si dà senza l’elettronica. I Signa sono presenze attraversatili, sono ricchi di carica simbolica ma anche comunicativa. Rappresentano così uno strato di pensiero sugli strumenti di oggi che fanno capire che la chiave è sempre il “come” e il come di Morosin è per un verso geniale, per un altro bello ed emozionante.
Ritengo che la prima Istituzione che darà visibilità a questa opera guadagnerà un grande credito.
10 aprile 2019
ANTONINO SAGGIO
Sapienza, Università di Roma
Costantino Morosin ha lavorato in un rapporto fra antropologia e arte sin dagli anni settanta, in continui e fervidi sconfinamenti con altre discipline incluse il cinema. All'inizio degli anni Ottanta è stato tra i primi artisti italiani a interessarsi di computer graphics e ha continuato la ricerca nei nuovi media con continuità negli anni successivi. Per Morosin, “lo strumento” è allo stesso tempo intrecciato col processo di creazione mentale, con la fabbricazione materiale e col campo stesso della creazione in modo non neutrale. Dal 2002 Morosin crea un nuovo tipo di arte, i SIGNA, attraverso l'uso del navigatore satellitare, attira sulla sua opera una dimensione fisica a scala regionale e a volte anche planetaria.
MOROSIN
I Signa sono espressione di un nuovo linguaggio con una nuova sintassi e strumenti concettuali che ho dovuto via via costruirmi.
In molti miei scritti rimane l'entusiasmo e l’ingenuità della continua scoperta e la difficoltà di trovare termini che apparentino quello che sto facendo a quello che in questa precisa direzione è stato fatto da altri artisti, ancora praticamente niente. Esistono dei tentativi rudimentali relegati alla sfera del rilevamento su mappa di percorsi stradali a forma di questo o quello. Recentemente si sono usate falciatrici o trattori a controllo numerico che hanno tracciato forme anche complesse. Quasi sempre sono azioni che hanno come finalità quella di mostrare capacità applicative legate all'utilità.
Questo è però tutt’altra cosa rispetto alla libertà espressiva di uno strumento concettuale nuovo, complesso ed evoluto come quello della georeferenziazione, nei modi del linguaggio e fruizione dei Signa. Immateriale, potente e poco costoso che partendo dall'Arte ha tutte le variabili per diventare uno strumento per la creatività di tutti.
La prima cosa che viene in mente a chiunque quando vede una mia opera Signa è quella di apparentarla alle figure Nazca in Perù, che per altro ho studiato in modo approfondito. Questo apparentamento mi può far onore ma quelle di Nazca sono opere diverse sul piano fisico e su quello concettuale. Coi meccanismi della percezione ognuno vede ciò che può paragonare a qualcosa che sa già, ma i Signa sono davvero una storia nuova.
SIGNA: LE CINQUE FASI
Nella storia dei Signa si possono distinguere cinque fasi sviluppate nell’arco temporale di 25 anni. Sono opere e concettualità che all’inizio si fondono e poi si intrecciano con la mia attività di scultore e con la ricerca nel campo dell’evoluzione degli strumenti e dei linguaggi, fino a diventare il mio più importante motivo di interesse.
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Anni novanta, allineamenti site-specific.
La prima fase, negli anni 90, intuitiva, rappresenta una continuità con la mia attività di scultore e consiste in progetti di installazioni site- specific basati su allineati di oggetti scultorei nel territorio. Lo stesso complesso monumentale CAVALLI TRILITICI a Castelfranco Veneto contiene l'idea di allineamento nei varchi percorribili dell'opera che puntavano ai luoghi della mia casa natale. In questa stesso periodo ho realizzato una Figura Maschile composta da mille piccole teste in terra cotta, ciascuna da inviare via posta in luoghi remoti per ricomporre una figura femminile di estensione globale. Con quel progetto incontro la prima idea di mappatura - Dalle mappe cartacee alle mappe elettroniche. In una seconda fase disegno su mappa cartacea allineamenti di luoghi per me significanti, attraverso i loro toponimi che trovo geolocalizzati sul British Atlas alla Biblioteca Centrale Nazionale di Roma. Questa fase è superata col documento su mappa elettronica del "Project ANGELINA Worldwide Figure" realizzata con un programma cartografico elettronico in uso alla FAO di Roma, dove ogni punto dei tracciati del disegno è georeferenziato. E' l'idea che mi ha portato a SIGNAWORLD opera di estensione globale, fruibile sull'App, che coinvolge i luoghi di 14 musei nei cinque continenti.
- Mappatura elettronica e Signa attraversabili.
C’è poi la terza fase a partire dal 2002, nella quale uso il GPS e le mappe elettroniche per produrre immagini navigabili, percorribili attraversabili. Ecco entrare nelle mie opere il concetto di realtà aumentata. Una fase esplorativa molto ricca dove produco un centinaio fra studi e opere Signa, elaboro scritti teorici, progetti di eventi Signa. E’ questa la fase dove sdogano la mia "incomprensibile novità" portandola al confronto e alla valutazione scientifica ed artistica del mondo accademico. - Il linguaggio Signa, l'Arte e l'App.
Nella quarta fase progetto l’applicazione per smartphone per facilitare la fruizione globale del mio lavoro anche in mobilità. Si è trattato di inventare e ed ora di proporre al pubblico globale un nuovo comportamento mediato da uno strumento elettronico nella fruizione di un genere d’arte mai visto prima. E’ questo il periodo in cui ho studiato le diverse possibilità del linguaggio Signa anche come strumento al di fuori dei modi dell’arte. La consapevolezza che i Signa possono diventare un nuovo social mi ha portato a difendere la loro valenza specifica mantenendola nel mondo dell’arte e difendendola in vario modo da attacchi di tipo utilitaristico, anche con periodici depositi al REGISTRO DEL WASHINGTON COPYRIGHT e la TUTELA OLAF di tutti i testi ed immagini Signa. - SIGNAart app e il rapporto col pubblico.
In fine una quinta fase, quella attuale, nella quale col supporto di Martin Koppenhoefer, ho realizzo SIGNAart app, una applicazione per smartphone scaricabile da AppStore. La fruizione globale anche in mobilità delle opere Signa presuppone il lancio della sua App, operazione che comprende, oltre alla messa in ordine di tutti i materiali Signa per un libro, la costruzione e gestione del sito web signaworld.org, che oltre ad essere un ponte con il pubblico, sarà un giacimento di materiali ad uso dei media e uno strumento di avvicinamento a questa nuova arte anche per i collezionisti. Attività di contatto con Istituzioni ed addetti nella filiera dell’Arte, della Scienza e della Tecnologia, la preparazione di event, la comunicazione mediale e il rapporto col pubblico sui social. Tutto questo a varie estensioni geografiche. Con un filo di voce: per aspera ad astra.
LA FRUIZIONE DELLE OPERE SIGNA
Negli event che si prospettano, il pubblico è coinvolto da figure Signa di grande estensione che ho voluto creare attorno e sopra ad alcuni musei d’arte contemporanea, scopre i Signa sotto ai suoi piedi avvisato da un suono di prossimità, osserva le proprie scie di attraversamento e i tracciati delle opere su smartphone e su video istallazioni.
Il pubblico può vedere in mostra stampe fotografiche di grande formato su composito e Signa incisi manualmente su inox con una tecnica elettrochimica basata sull’acqua marina che assieme alle lastre incise a laser, rappresentano l’estensione fisica, la materializzazione, delle opere attraversabili in tutta la Terra con le modalità della realtà aumentata.